In questa recensione andremo ad esplorare lo strano mondo di The Good Life, il recente nuovo gioco prodotto da Hidetaka Suehiro, autore della nota serie di Deadly Premonition
I videogiochi, nello specifico quelli sviluppati in Giappone, sono costituiti sovente da una particolarità: buona parte dei titoli che possiedono caratteristiche uniche, meccaniche esclusive solo a loro stessi sono frutto di menti dal pensiero peculiare e in grado di rivolgere lo sguardo verso la formazione di nuovi concetti, senza fermarsi prima a constatarne le potenzialità, prediligendo l’azione su ogni cosa. La volontà di tentare nuovi approcci nel videogioco ha condotto alla realizzazione di nuovi generi, e il numero di titoli fautori di nuove categorie e subculture videoludiche è molto ampio nel mercato giapponese.
Per i generi già fondati e stabiliti da tempo è stato possibile rivoluzionarne le funzionalità, elevando ancora di più il grado di intrattenimento e coinvolgimento dei videogiocatori. Pensiamo a Shenmue, che ha reso i giochi open-world dei veri e propri simulatori di vita, o a Hideo Kojima, considerato uno dei padri degli action-stealth. Ma anche Yoko Taro, director dalla personalità tanto stravagante quanto talentuosa, capace di generare opere formate da una mescolanza di gameplay che su carta cozzerebbero non poco. Queste premesse sono necessarie per introdurre l’autore del tema della nostra recensione: The Good Life.
La musa dell’ovest
Hidetaka Suehiro (SWERY), noto per il controverso Deadly Premonition, è un altro dei nomi da aggiungere al nostro elenco precedente. Egli portò una svolta al genere survival-horror, creando un mondo aperto ed un gameplay non lineare, dove ogni personaggio svolgeva i propri compiti e faccende, frazionando la trama principale in missioni capillari, costruendo così la sensazione di star vivendo una storia episodica e in constante sviluppo. Nonostante ebbe un risultato divisivo per l’opinione pubblico generale, questo titolo figura ancora come un’esempio di videoludicità artistica.
SWERY mantiene un occhio sempre fisso verso l’occidente quando si trova nella fase di concettualizzazione di un titolo: oltre a voler raggiungere il mercato straniero, le esperienze che il director ha vissuto segnano anche le fondamenta delle meccaniche e storie inserite poi nel gioco. Fu proprio mentre SWERY si trovava al lavoro su Deadly Premonition, ed il producer del titolo dovette andare a vivere in Inghilterra, che partì il concepimento di The Good Life: in questa recensione, andremo ad esaminare il nuovo bizzarro titolo nato attraverso una campagna Kickstarter da parte di un creatore altrettanto bizzarro, basato su cani, gatti e vita bucolica nei paesini inglesi.
Lost in Translation: Edizione Inglese – Review The Good Life
The Good Life mantiene l’originalità intrinseca delle opere precedenti di SWERY, frutto del genio – a volte difficilmente comprensibile – del director giapponese. Accennando in breve alla trama, il gioco si aprirà con l’arrivo della protagonista a Rainy Woods, cittadina costituita da un piccolo gruppo di case, caratteristici negozietti e abitanti dal carattere piuttosto peculiare. Il gioco parlerà di una ragazza newyorkese, Naomi Hayward, che finirà con il dover svolgere il suo lavoro di fotoreporter per saldare un grosso debito, vivendo per un periodo di tempo nel piccolo villaggio inglese considerato dai suoi stessi abitanti la “città più felice al mondo”.
L’idea che portò Suehiro a generare un preambolo del genere fu del tutto casuale: come abbiamo affermato poco prima, nel periodo in cui stava lavorando a Deadly Premonition, il produttore dovette trasferirsi in Inghilterra, subendo un “culture-shock” piuttosto pesante, essendo lui un giapponese. Inizialmente, il producer detestò molti aspetti del paese, dal cibo non particolarmente invitante al tempo costantemente nuvoloso, fino ad arrivare alla birra non abbastanza fredda. Questa stessa persona fu poi catturata dalla cultura inglese, innamorandosene e rimanendo nel paese per quattro anni, non volendo neanche più tornare a casa.
Ciò ha donato a SWERY un interesse nello sperimentare la vita in Inghilterra: nel 2013 ebbe modo di visitare le città rurali ed incontrare molte persone, rafforzando questo suo desiderio di sfruttarne l’ambientazione. Una volta abbandonato Access Games, nel 2017 Suehiro ha finalmente iniziato il suo agognato progetto. La combinazione di vari elementi che ne è infine risultata fuori è troppo complessa da esaminare in breve, ed in questa recensione si cercherà di definire le intenzioni celate dietro The Good Life.
I soldi muovono il mondo – Review The Good Life
In questa fase della recensione è d’obbligo introdurre una delle meccaniche fondamentali di The Good Life: la fotografia. Essa sarà un aspetto decisamente importante all’interno del gioco, considerato come la nostra protagonista Naomi sia una fotogiornalista professionista, sempre a caccia dello scatto che le potrà fruttare una grassa ricompensa. Durante le giornate passate a Rainy Woods, oltre ai compiti assegnati da parte del giornale per cui lavora, il Morning Bell, Naomi potrà arrotondare i suoi guadagni passeggiando in giro e fotografando le cose che vanno più in tendenza il quel momento.
I trend saranno visibili sulla piattaforma simil-Instagram chiamata “Flamingo”, mezzo di guadagno primario poiché le foto richieste dalla main quest e dalle secondarie saranno caricate su questo stesso sito. In base al numero di “hotwords” (hashtag) presenti dentro una foto, essa diventerà virale, ricevendo così delle “Emokes” (“mi piace”) che garantiranno nuova pecunia entrante sul nostro conto in banca. Ad ogni modo, il pesante focus sull’elemento fotografico di The Good Life ci porterà a voler ottenere abbastanza denaro per procurarci un equipaggiamento migliore.
La vita di una foto-blogger indebitata – Review The Good Life
Troveremo meccaniche di guadagno alternative e più efficaci per estinguere il nostro insormontabile debito e farci costruire una macchina fotografica degna di questo nome: possiamo passare infatti alla cattura, vendita o tosatura delle pecore o all’estrazione di materiali di valore nelle miniere della zona, per poi farli acquistare ai mercanti nella mappa. Il combattimento non avrà un ruolo troppo rilevante: nella forma animale si potranno dare zampate a dei piccoli animaletti, e l’unico temibile nemico a cui dovremo fare attenzione saranno dei tassi decisamente malvagi, che ci faranno dannare questa città in più di un’occasione.
Mangiando più volte dei piatti cucinati da alcuni personaggi si otterranno delle ricette, che dovranno essere studiate e sperimentate a tentativi, fino a riprodurre il piatto interessato; in aggiunta, il cibo potrà alterare le statistiche, dando status più o meno buoni. Gli ingredienti raccoglibili saranno sfruttabili per cucinare un pasto che possa saziarci, visto che la fame aumenterà nel corso delle ore passate a scorrazzare per tutto il paesino, insieme al sonno ed allo stress nel caso non si dormisse abbastanza.
Fuori dalla nostra umile dimora è presente un piccolo orticello nel quale coltivare alcuni vegetali, ma molto spesso potremo anche andare a prendere quelli già pronti per essere raccolti, situati all’interno dei giardini degli abitanti, che non si diranno mai troppo risentiti verso le nostre azioni. Sin dalle prime missioni principali si avrà modo di ottenere le abilità di trasformazione in cane e gatto: queste due metamorfosi consentiranno di muoversi più agilmente nel paese, ottenendo rapidità nel correre, la possibilità di saltare sui muretti e sulle case, odorare delle tracce ed urinare per marcare il territorio (Death Stranding Docet).
Inizialmente sarà piuttosto tedioso doversi spostare da un lato all’altro della mappa, ma il problema verrà alleviato con la capacità di cavalcare delle pecore. Un ulteriore metodo di viaggio veloce sarà dato dai templi, monumenti in pietra localizzati in vari punti della mappa, che una volta attivati consentiranno di teletrasportarsi verso la destinazione desiderata. Nei templi potremo inoltre regolare la nostra alleanza verso un certo tipo di animale, influenzando i prezzi nei negozi e la percezione che gli abitanti avranno di noi in base alle razze appartenenti.
L’estetica inglese – Review The Good Life
Parlando del mondo di gioco di The Good Life e di come si interagisce con le attività all’interno di esso, ci sono vari aspetti da valutare nella nostra recensione, a partire dall’ambientazione: il titolo presenta un mondo con dei punti di interesse concentrati in zone precise, dando così la sensazione di un’area molto più “ridotta” e di scala poco ampia. Eppure, ciò sembrerà del tutto diverso una volta che ci si troverà a doversi spostare molto spesso nelle parti esterne al piccolo villaggio, dovendo raggiungere le estremità della mappa, che si rivelerà essere comunque piuttosto vuota.
Durante i viaggi di Naomi le si pareranno davanti delle vaste piane erbose, decisamente tipiche delle località agresti inglesi, con stradine delimitate da muretti invalicabili, incrociando la diversa fauna locale come volpi, scoiattoli, tacchini, pecore e uccelli. Il clima tipicamente britannico viene evidenziato tramite le pesanti nubi e frequenti piogge che andranno ad oscurare di molto la visibilità, creando un’atmosfera dalle inclinazioni nostalgiche di giorno e più languide di notte, anche se queste vengono di tanto in tanto smorzate dall’improvvisa variazione della musica di accompagnamento, variabile a seconda della zona in cui ci si sta muovendo.
L’architettura degli edifici e delle case è decisamente fedele a quella ritrovabile in un piccolo paesino inglese, con sullo sfondo delle colline visibili da lontano a costeggiare l’orizzonte, alcune abitazioni poste una accanto all’altra o affacciate direttamente su piccole strade, e giardini abbelliti da nani in ceramica e fioriere. La casa affidataci potrà essere modificata secondo il proprio gusto, rendendo ancora più familiare il soggiorno in questa tranquilla località di brughiera. La grafica del gioco utilizza dei colori chiari e rilassanti, e seppur formata da uno stile low poly e poco dettagliato viene comunque compensata sufficientemente dalle personalità bislacche degli NPC e dalle loro varie routine quotidiane.
GDR= Gioco di Raccolta – Review The Good Life
Volgendo però lo sguardo alle modalità di interazione, durante la stesura di questa recensione di The Good Life vengono individuate alcune criticità: il gioco è fortemente improntato sulle fetch quest, e potremmo dire che la maggior parte delle missioni all’interno del titolo volgerà nel dover andare a recuperare determinate cose per procedere oltre. In più, per completarle una volta ottenuti gli elementi richiesti sarà necessario averle selezionate e mantenerle attive, altrimenti non ci saranno le condizioni per terminarle. Questo fatto potrebbe risultare non troppo negativo perché in grado di dare più “coinvolgimento” nel determinare le cose da fare, ma al contempo è causa di lentezza eccessiva e macchinosità.
Altro tratto frustrante è dato dal viaggio: quello rapido richiede soldi, e anche se ciò potrebbe essere un incentivo ad esplorare il mondo di gioco anziché fruire del teletrasporto, la presenza di lunghe file di muri a dividere le zone…
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